
La nostra user experience può essere meglio di così: Mattia Martone ci presenta la neuroestetica computazionale.
Mattia Martone, co-founder di PXR Italy e mente che sta dietro alla neuroestetica computazionale ci svela come mai alcune pubblicità sembrano fatte proprio per noi. Infatti, attraverso uno studio dei tipici tratti della personalità come introversione ed estroversione, si posso trovare delle correlazioni tra alcuni aspetti del design delle campagne di marketing e la risposta emotiva degli spettatori.
Partiamo con ordine: cos’è la neuroestetica computazionale e di cosa si occupa esattamente?
Si tratta fondamentale di una disciplina che studia da un punto di vista neurocognitivo le esperienze delle persone. Il suo obiettivo è capire perché ci piace ciò che ci piace, cioè come mai siamo orientati al bello. Questo studio avviene, appunto, attraverso delle competenze neuroscientifiche e trova applicazione nel mondo del design e nel mondo dell Artificial Intelligence. Da qui “computazionale”.
Come ti sei spostato da un percorso di studi psicologici all’ambito invece del design e del digitale? Hai fatto delle esperienze particolari?
Il mio percorso accademico è prevalentemente di natura psicologica, poi sono passato inizialmente alla neuroestetica, con l’obiettivo di trovare una relazione tra il design e i tratti psicografici delle persone. Poi si è aggiunto l’elemento del digitale, in particolare di Instagram, che in qualche modo può essere anch’esso design, proprio perché i post degli utenti sono studiati a livello di colori, di saturazione, di composizione, perché siano il più appetibili possibile.
Come entrare in contatto con le aziende a cui fate consulenza e cosa vi richiedono solitamente?
In quanto istituto di ricerca, in PXR Italy ci occupiamo proprio di studiare delle strategie di comunicazione e marketing ad hoc per suscitare l’ingaggio emotivo del target specifico di ogni impresa, anche in base agli obiettivi che dobbiamo perseguire. In questo caso i numeri giocano un ruolo fondamentale, proprio perché bisogna analizzare la performance, stimolare i click o l’ingaggio emotivo.
Quindi, com’è nato PXR Italy?
Il concetto di base era ed è tutt’ora quello del dato. L’idea nasce dalla volontà di supportare le aziende che vogliono un approccio data-driven, a maggior ragione con la mole di dati fornita da digitale. Noi ci inseriamo in questo gap in modo da affiancare le imprese che non sempre sanno come orientarsi, come ordinare ed elaborare i dati.
Com’è stato passare da un’idea alla sua applicazione?
La parte fondamentale del fare impresa è buttarsi. Si tratta di un istinto che, associato alla passione, ti stimola a fare. Poi c’è anche la componente riflessiva, la stesura di una strategia e di un piano che permettano di portare avanti l’idea nel concreto. Ci vuole un buon bilanciamento tra questi due elementi.
Quali sono, secondo te, le prospettive della disciplina a sostegno della tua impresa?
L’obiettivo è sicuramente estendere questa disciplina in Europa, grazie anche al fatto che l’inglese apre le porte all’internazionalizzazione. Abbiamo visto che questa disciplina sta nascendo autonomamente anche in altri paesi, proprio come frutto di un percorso parallelo, individuale. Quindi, in altri paesi se ne parla già, e secondo me se ne parlerà sempre di più.
Secondo te i soggetti che sono attratti da una determinata pubblicità, capiscono che questa cosa è studiata?
Può avere, a mio parere, un riscontro di natura riflessiva: le persone sanno che la pubblicità che stanno osservando è studiata anche da un punto di vista estetico. Questo però accade per tutte le pubblicità, quello che fa la differenza è il tipo di offerta dell’azienda, sia in termini di prodotti che di servizi. L’orientamento al bello caratterizza molte delle nostre scelte quotidiane.
Quindi in PXR Italy si può dire che trasportiate il concetto di design, improntato sulla bellezza soggettiva, nella realtà del digitale?
Il termine “soggettiva” si presta molto. Infatti l’orientamento che ciascuno di noi ha verso forme, colori e contenuti è prettamente soggettivo. Ed è proprio questo l’aspetto che, nella neuroestetica computazionale, viene analizzato dall’intelligenza artificiale: conoscendo le caratteristiche degli utenti direziona contenuti diversi a target diversi. In particolare, l’algoritmo si basa su conoscenze di natura psicologica legate, ad esempio, ai caratteri di introversione/estroversione.
Che consiglio daresti ad un giovane che vorrebbe mettersi in gioco e fare impresa?
Innanzitutto mettersi al lavoro già mentre si studia, quindi iniziare a sperimentare per capire di che cosa ha bisogno il mondo del lavoro. Io, per esempio, ho fatto un po’ di esperienza lavorativa e poi, a partire dalla mia tesi, ho dato vita alla neuroestetica computazionale. Con il mio socio ci siamo trovati proprio perché avevamo entrambi sperimentato in ambito lavorativo già in giovane età e quindi ci siamo capiti subito, abbiamo intuito l’importanza di un servizio di analisi dei dati. Siamo partiti da questo pilastro e così è nato PXR Italy.