
Medico e Pirata, la doppia vita di Giovanni Cappa
Giovanni è un medico specializzando in Medicina d’urgenza in forza al Pronto Soccorso all’ospedale San Matteo di Pavia, ma è anche volontario della Croce Rossa dal 2014; è stato ed è tutt’ora ufficiale medico di Sea Shepherd Global, è docente di Primo Soccorso presso APT Safety Group e professore a contratto dell’Università degli Studi di Pavia. Questa è solo una parte del suo curriculum, perché vanno aggiunte anche diverse esperienze internazionali e la fondazione di Medical Pirates, un’organizzazione no-profit di professionisti in ambito socio-sanitario e medici che amano intraprendere incredibili avventure a scopi benefici.
Abbiamo notato che hai una fortissima passione per la Medicina d’Urgenza, ma come è nata questa passione, ce lo puoi raccontare?
Mi è sempre comunque piaciuto, da quando sono entrato all’università di medicina, l’aspetto pratico della medicina. La pratica della medicina non si può mettere purtroppo in atto già dai primi anni di medicina, perché bisogna prima studiare materie di base (chimica, biologia, genetica…). Con la mia voglia di scoprire e di mettermi in gioco, ho cominciato a fare il corso da soccorritore volontario per la Croce Rossa: è sull’ambulanza che mi sono approcciato alla parte più pratica della della medicina, con il primo soccorso e l’urgenza. Da subito poi mi sono poi innamorato fin da subito della chirurgia, ho frequentato sempre i reparti di chirurgia e sono arrivato fino al sesto anno che ero molto molto indeciso se fare poi come specializzazione o la chirurgia generale o la medicina d’urgenza. È stata una scelta che ho proprio preso praticamente l’ultimo mese prima della specializzazione, dopo aver fatto il test ho scelto la medicina d’urgenza. Malgrado io abbia un forte amore anche per la chirurgia, la medicina d’urgenza mi dava poi la possibilità di partecipare a missioni umanitarie a livello internazionale: è un’ottima fusione, un ottimo compromesso tra la parte pratica della medicina e la medicina in sé vera e propria.
Un altro aspetto fondamentale della Medicina d’Urgenza è il tempo: saper prendere decisioni in tempi molto ristretti è fondamentale per la salute del paziente. Come si gestisce il tempo in queste situazioni di emergenza e come lo gestisci tu in particolare?
Per gestire al meglio l’uso del tempo bisogna essere organizzati. In urgenza il tempo viene impiegato, direi da un punto di vista personale, in tre parti: uno; capire cos’ha il paziente; due, per decidere cosa fare; e tre, agire, fare. Ci sono schemi ben precisi che vengono insegnati che possono essere sfruttati per valutare in modo rapido e complessivo un paziente, o perlomeno capire se c’è un problema e dare anche una priorità alle cose che sto valutando, quindi quelli sono le informazioni che sono vitali per il paziente per me. E poi c’è il tempo delle decisioni: una volta che ho capito cosa sta succedendo devo decidere cosa fare si usano dei flowchart, degli algoritmi che aiutano il medico di medicina d’urgenza o rianimatore nel prendere queste decisioni. Infine bisogna agire, bisogna mettere in atto delle manovre o somministrare farmaci, e per far ciò bisogna essere pratici. gestire queste… diciamo, questa parte temporale bisogna essere pratici. Un aspetto molto importante che aiuta nella gestione del tempo sicuramente è la dinamica del team. Si lavora sempre in team in un ambito d’urgenza.
Abbiamo parlato di Medicina, ma anche di avventura, e qui non possiamo che parlare di Medical Pirates, l’organizzazione no-profit che hai fondato che unisce medici e professionisti in ambito socio-sanitario uniti dalla passione per l’avventura e che li porta a partecipare a eventi incredibili a fini benefici. Com’è nato questo progetto e perché hai scelto proprio i “pirati”?
Questa avventura è nata durante l’ultimo anno di università: per puro caso una mia amica, mi ha parlato parlato del Mongol Rally, un evento in cui si parte dall’Inghilterra con delle macchine vecchie e si deve attraversare tutto il mondo fino ad arrivare in Mongolia. Ci si mette più o meno un mese e mezzo/due, completamente abbandonati a sé stessi, quindi se la macchina ha un problema bisogna ripararla, se uno ha un’emergenza medica se la deve gestire da solo. Mi son detto “com’è possibile che devo arrivare a 25 anni per scoprire questa roba qua che mi sembra la roba più pazzesca del mondo?”: son tornato a casa e la prima cosa che ho fatto è stata aprire il computer per vedere i video su YouTube. Mi sono innamorato di questo evento e mi son detto “va fatto”. Il Mongol Rally poi spinge molto i team che partecipano a caratterizzare le macchine: anche noi ci siamo trovati di fronte alla decisione di dare un nome, di caratterizzare la nostra squadra e tutti e due, partendo da un’idea un po’ naif (da piccoli ci piaceva l’idea di essere dei pirati da grandi), a tutti e due piaceva un po’ lo spirito avventuriero che circonda l’idealizzazione dei pirati, quindi abbiamo detto “va bene, uniamo le nostre due passioni, quindi l’amore per l’avventura e passione per la medicina, e fondiamo i Medical Pirates”.