Come un piccolo Nemo: Simone Barlaam ci racconta la sua esperienza alle paralimpiadi di Tokyo
Nuotatore paralimpico, Simone Barlaam ha vinto l’oro nei 50 metri stile libero alle paralimpiadi di Tokyo 2020, portandosi a casa una bella esperienza e soprattutto una grande soddisfazione.
Iniziando un po’ per obbligo, continuato per divertimento, Simone ha fatto del nuovo il suo stile di vita. Si destreggia tra mille impegni, tra studio, hobby e allenamenti sempre a bordo della sua piccola Twingo. E di fronte ogni difficoltà sempre un sorriso contagioso e una spiccata autoironia.
Secondo me ognuno di noi è unico. Anche due gemelli sono completamente diversi, per quanto uguali possano sembrare. E “normale” è una roba definita dei canoni che la società ha dovuto stabilire per trovare una definizione a questa parola: “normale”.
Ospite della nostra quarta puntata è Simone Barlaam che – chi ha avuto modo di seguire le paralimpiadi l’avrà sicuramente visto con il suo sorriso contagioso – ha portato in alto la bandiera italiana guadagnandosi un Oro nei 50 metri stile libero.
Come ci racconta lui stesso durante l’intervista, Simone è nato come Nemo: con una pinna atrofica. In termini medici è definita ipoplasia del femore destro e coxa vara congenita della testa del femore, ma noi abbiamo preferito molto di più il paragone ai cartoni animati perché vogliamo mantenere la stessa innocenza che gli ha permesso di accettare con serenità fin da subito la sua condizione durante la sua infanzia. E’ una cosa che gli invidio molto, visto e considerato che io invece sono proprio un’overthinker. Ancora adesso in lui si conserva un grande pregio nei confronti di questa disabilità, ovvero la capacità di scherzarci su. L’autoironia dovrebbe essere una grande chiave per non avere tabù, come Simone stesso ci ricorda: la possibilità di presentare con fierezza i nostri difetti (che poi, dobbiamo davvero chiamarli difetti a questo punto?).
Ci ha raccontato la sua esperienza di Tokyo 2020 come un evento straordinario (l’ansia c’era eh, con tutta la situazione legata al Covid-19 che ancora ci fa ballare) nel quale ha visto riconosciuti tutti quei kilometri in acqua, l’impegno e la costanza di questi anni. Ancora più bello è stato vedersi proprio premiare, anche se purtroppo è venuto a mancare il gesto fisico vero e proprio a causa delle norme sanitarie, dal presidente del comitato italiano paralimpico Luca Pancalli. Dopotutto è molto bello quando un traguardo ci viene riconosciuto da un affetto, da una persona che conosce il nostro percorso.
Un aspetto interessante che ho avuto modo di toccare durante le interviste è il piccolo punto di contatto tra mondo olimpico e paralimpico. Dopo aver partecipato a Ottobre ad un evento di Bebe Vio, “We Embrace”, mi sono chiesta: è davvero possibile un’unione tra questi due mondi? Simone dice di sì, ed è un ideale a cui sicuramente si aspira. Una parità di trattamento e di valore a entrambi i mondi, perché « Lo sport è sport ». A livello logistico ci rendiamo conto delle problematiche che questa attività potrebbe riscontrare, ma gli atleti sono lì per vincere, divertirsi e mettersi in gioco, sia che abbiano una disabilità o meno. Nel frattempo, ci consiglia di provare a vedere del buon weelchair rugby, rugby in carrozzina, per farci due risate (sembra che assomigli molto agli autoscontri) e avvicinarci a questo mondo curioso.
In chiusura, c’è da dire che Simone sa destreggiarsi molto bene tra i suoi impegni: studio, arte, viaggi e nuoto. Per me che faccio fatica a gestire due impegni nella stessa giornata è di grande stimolo e mi dichiaro anche molto invidiosa, ma dopotutto ognuno ha i suoi ritmi ed equilibri e io non sono qui per giudicarmi oltre.
Quindi, a luci spente, ho capito che…
Forse dovremmo ridere di più. Ridere di più e prenderci meno sul serio, perché la vita è varia, mutevole, piena di sventure ma anche piena di soddisfazioni, ed è forse proprio la capacità di trasformare le prime in seconde a darci quella spinta in più ogni giorno.