Direttamente sul campo da football: Nausicaa Dell’Orto mette in luce il nostro valore come base per affrontare le sfide della vita.
Nausicaa Dell’Orto è capitana della nazionale di football americano in Italia e screenwriter per NFL, la National Football League americana. Il suo amore per il football è nato per caso, ma la sua passione è continuata grazie alla perseveranza e alla fiducia in sé stessa, portandola fino oltreoceano. In questa intervista ci racconta come questo sport le abbia permesso di diventare la persone che è oggi, di trovare il suo posto nel mondo e di capire il suo valore. Grande comunicatrice, riesce a trasmettere la sua motivazione e la sua visione del mondo non solo alle sue compagne di squadra, ma anche a chiunque stia cercando il coraggio di seguire la propria passione.
Partiamo dal football americano: com’è nata la tua passione per questo sport e come si è trasformata poi in una vera e propria professione?
La mia passione è nata per caso, come molto spesso succede nella vita. Quando avevo 16 anni ho deciso di iniziare a fare la cheerleader, facendo quindi il tifo per i ragazzi che fanno sport ma anche partecipando a competizioni e gare. Con la mia squadra di cheerleading abbiamo iniziato a fare il tifo per una squadra di football americano maschile, i Seamen, andando tutti i weekend a bordo campo. Da lì ho iniziato ad appassionarmi a questo sport, che mi aveva acceso un fuoco dentro. A quel punto con altre ragazze decido di provare a fare una squadra femminile di football americano. Nonostante un primo rifiuto del presidente decidiamo di non ascoltare le sue parole e di iniziare ad allenarci al Parco Sempione. Poi abbiamo cominciato a trovare altre squadre nascenti e altre ragazze interessate, riuscendo a creare un movimento che oggi conta una quindicina di squadre, un campionato nazionale e una nazionale.
Noi siamo molto fiere di sapere che hai studiato in Cattolica. Volevo chiederti, negli anni dell’università, quando sei riuscita a capire cosa volevi fare.
Nella mia famiglia c’è un tradizione: dopo la laurea andiamo negli Stati Uniti da zio Richard, un amico di mio padre che ha un’azienda che fa componenti di automobili. Quando ero lì, mi sono dovuta occupare di aiutare un salesman a fare una presentazione, e la mia prima idea è stata quella di fare un video per presentare il prodotto. In quel momento ho capito che avrei voluto raccontare storie, e che in particolare non avrei voluto raccontare le viti ma lo sport. Poi sono riuscita, grazie alla Cattolica, ad accedere alla Summer School di Sky, e da lì ho capito cosa volevo fare e che cosa mi faceva battere il cuore. C’è sempre quel momento in cui abbiamo tanta energia e dobbiamo trovare il posto in cui incanalarla. E se non si capisce subito cosa si vuole fare, bisogna capire quello che non si vuole fare, e scappare a gambe levate da tutto ciò che non ci appartiene. Questo è il modo in cui si può capire cosa si vuole fare davvero. Ognuno poi ha il suo sistema di supporto, ed è molto importante riuscire ad individuarlo. Però, prima di tutto, bisogna sapersi approvare a apprezzare da soli.
In un’intervista hai detto che il football ti ha aiutato ad allargare le spalle e a farti spazio nel mondo, sia in senso letterale che metaforico. Ci spieghi meglio?
Il football mi ha resa quella che sono oggi. Se io vado in giro con la testa alta e con le spalle larghe e con lo sguardo fiero è perché io sono Nausicaa Dell’Orto e gioco a football americano. Questo sport è l’arte di rimanere in piedi quando tutti cercano di buttarti giù. E così per me è la vita: finché non mi sotterri io vado avanti. Nella vita come sul campo succede che cadi per terra perché gli altri riescono a buttarti giù, però devi imparare a rialzarti, a tendere la mano alle tue compagne, ricordando sempre che “your next play is your best play”. E questa è una cosa che il football mi ha insegnato e che mi permette di sfondare ogni ostacolo che mi trovo davanti, perché, nonostante la paura, si riesce sempre a trovare la forza di fare quel prossimo passo e guadagnare quel centimetro in più per andare avanti. Se riesci a fare questo, nella vita puoi fare tutto.
Come riesci a mantenere questa motivazione e a trasmetterla anche alle altre?
Innanzitutto bisogna ricordare che ci sono anche per me dei momenti in cui mi sento super forte e degli altri in cui invece mi sento molto fragile, e in questi momenti io vado dallo psicologo. Trovo che sia una cosa bella che in italia è ancora un po’ un tabù. Poi ho degli altri strumenti che uso per mantenere alta la motivazione, come la scrittura. Scrivo costantemente il mio why, cioè il motivo per il quale faccio quello che faccio, perché sto facendo dei sacrifici, perché sto lavorando per un obiettivo. Tengo anche un journal in cui tutti i giorni scrivo cosa ho fatto durante la giornata, per che cosa sono grata e che cosa potrei migliorare. Soprattutto, scrivo la mia intenzione, che è quella che mi spinge a fare sempre di più. Visualizzare un obiettivo e trascriverlo è una cosa che funziona, perchè tu tutti i giorni poi sei portato a seguirlo, anche inconsciamente.
Detto questo, penso anche che il nostro valore sia intrinseco a noi e che non si debba mai misurarlo rispetto a quello che si fa, ai propri traguardi e alla propria performance.
E’ molto vero quello che dici, e so che molte persone di successo tengono un journal.
Infatti. Un sacco di cosa che ho detto sono successe davvero, perché se lavori sodo e visualizzi costantemente hai molta probabilità che le cose si avverino. Una cosa che hanno sempre detto in casa mia è “Ognuno non ha ciò che si merita, ma ciò che vuole”. Quindi avrai ciò che vorrai così tanto da lavorare sodo per ottenerlo.
Come fai a conciliare i due aspetti della tua vita, la squadra e il lavoro per NFL, e se sei riuscita a trovare un equilibrio.
Secondo me l’equilibrio non esiste. La vita è sempre caotica e impari andando. Si tratta di un costante adattamento, della capacità di stare a galla nonostante le sfide e i problemi. E’ una questione di essere sempre pronti a cambiare e ad uscire dalla propria comfort zone, perché se si vuole veramente qualcosa, probabilmente il comfort non ci sarà. Bisogna imparare a essere comfortable nell’uncomfortable.
Una cosa che mi dispiace è come nella cultura italiana si sia sempre costretti a scegliere tra scuola e sport, perché lo sport insegna molto. Questa è una cosa che cercherò di sradicare anche attraverso il mio ruolo di consigliere federale della federazione, per il quale mi occuperò di comunicazione e marketing. Uno dei miei obiettivi è proprio questo: cambiare la rappresentazione dell’atleta femminile e dello sport.
In effetti molto spesso lo sport è visto come una cosa da fare per tenersi in forma, ma insegna in realtà molto di più di quello, no?
Assolutamente. Il nostro corpo cambierà sempre, anche per cose che non facciamo noi, per fattori esterni. Prima lo accetti, prima stai meglio con te stesso. Non è che chi si sarà allenato sarà una persona migliore e chi non l’ha fatto perché aveva altre cose da fare o semplicemente perché non voleva è una persona terribile.
A volte si instaurano delle dinamiche in una squadra, per le quali uno si confronta molto con gli altri ma questo confronto è sempre distruttivo e non costruttivo. Ti è capitato?
Mi è capitato molte volte. Il fatto è che purtroppo o per fortuna le persone sono diverse da noi e hanno un bagaglio emotivo e culturale differente. La cosa che bisogna fare in questi casi è semplicemente immaginare che ci sono due frequenze radio: la mia e la tua. Noi dobbiamo trovare un punto in comune nelle nostre frequenze radio, qualcosa per cui lottiamo entrambe, qualcosa per cui faremmo qualsiasi cosa o a cui diamo molto valore, e parlare di quella cosa prima di tutto, cercando poi di parlare la stessa lingua.
Bisogna riuscire sempre a trovare del buono nell’altra persona, cercare i diamanti anche nel fango. L’importante è parlare con gli altri e tirare fuori quella bontà di fondo. Mia madre mi diceva sempre di dire agli altri cosa ti piace di loro, proprio perché alle persone pace che qualcun altro riconosca la loro bellezza, interiore o esteriore, perciò bisogna sempre tirarla fuori e metterla sul tavolo. E vi assicuro che le ragazze poi, quando sono vostre amiche, sono le migliori alleate che possiate mai avere.